Letture ad alta voce

SAMSUNGdi Patrizia Taccani*

Leggo: “Nel 2012 il 73,3% delle coppie che si sono separate avevano figli. E per i divorzi le coppie con figli erano il 66,2% del totale. Solo il 48,7% delle separazioni e il 33,1% dei divorzi riguardava coppie con un figlio minorenne.”   Non mi stupiscono le percentuali in sé, quanto l’avverbio “solo” posto a suggerirci il valore di una misura, di una quantità. Riformulo a modo mio: quasi la metà delle coppie separate e un terzo di quelle divorziate aveva figli minori.

Allora ai miei occhi compare una nutrita schiera di bambini e ragazzi che si sono trovati coinvolti in una vicenda molto difficile sia da comprendere sia da gestire a livello emotivo. Fossero anche pochi il disagio individuale andrebbe comunque intercettato. La psicologa Alba Marcoli che dedicò la sua professione a prendersi cura delle difficoltà famigliari mise in luce nei suoi testi come, con la separazione della coppia, tutti i membri affrontino un profondissimo lutto. È pur vero che ciascuno si trova a gestire questa sofferenza con risorse e strumenti ben diversi. In una certa misura lo spaesamento degli adulti, che pure c’è, ha avuto una fase “preparatoria” a livello sia razionale sia emotivo. Per il minore, soprattutto se bambino di piccola età, lo scenario della propria quotidianità cambia senza preavviso ed egli si trova ad affrontare un’esperienza dove nulla è più come prima. Questo succede anche al figlio preadolescente, a quello adolescente che hanno però capacità più mature di interlocuzione con i genitori, e non solo con loro. Lo spaesamento è lo stesso, sentimenti forti come dolore, rabbia, paura, vergogna, senso di colpa possono nascere analogamente nel bambino molto piccolo e nel ragazzo vicino alla maggiore età: diverse saranno le manifestazioni di disagio e il modo di affrontarlo. E poi, lo sappiamo, ogni famiglia costruisce la sua peculiare storia e ciascuna storia va vista nella sua unicità.

Da tempo nel campo dei servizi rivolti alle famiglie e ai minori si sono attivate modalità di supporto di fronte alle separazioni. A Milano, ad esempio, l’Associazione GEA dal 1987 promuove percorsi di mediazione familiare, così come avviene in molti consultori pubblici e realtà del privato sociale, in Centri clinici per la famiglia. Qualche tempo fa “Scambi di Prospettive” ha pubblicato un richiamo all’esperienza dei “Gruppi di parola” definiti nel post come “uno spazio pensato per i bambini, per aiutarli ad affrontare le trasformazioni familiari che stanno vivendo, attraverso lo scambio con altri bambini che si trovano nella stessa situazione.”

Tra gli operatori che lavorano con famiglie in procinto di separarsi e già separate c’è chi ha pensato di proporre una modalità di “supporto” psicologico antica e ancora molto attuale: la parola scritta e la parola letta ad alta voce. Qualche mese fa ho avuto tra le mani due piccoli libri, entrambi scritti da Ilaria Marchetti e Costanza Duina.  Sono due storie di separazione di una coppia con un figlio.
“Il mare di Amì” si presenta come fiaba vera e propria: protagonista è un piccolo delfino che vive l’esperienza di avere papà e mamma uniti come “amici speciali” e successivamente quella di papà e mamma che “amici speciali” non riescono più ad esserlo. Pagina dopo pagina, accompagnati dalla metafora del “mare-mare della vita”, si susseguono gli eventi che il piccolo delfino deve affrontare. La scrittura dà spazio soprattutto ai sentimenti che ne nascono. Il lettore “sente” ciò che succede a un piccolo bambino che “viaggia” da una casa all’altra con il suo poco bagaglio, che a scuola non va tanto bene perché nella sua testa c’è tanta confusione, che prova rabbia e rancore quando accanto al papà inizia a vivere un’altra persona, che si dibatte tra incredulità, paura e sconcerto nel sapere che in casa di papà ci si prepara ad una nascita, che mette a dura prova ora il padre ora la madre pur con ritorni di comprensione da parte loro, che pone domande importanti ai suoi nonni e ne riceve risposte che lo aiutano. Nella storia di Amì vi sono incontri vitali, come quello con un ragazzino, Peter, con cui riesce magicamente a comunicare attraverso messaggi in bottiglia. Lungo il racconto si vede il piccolo delfino crescere, affrontare svolte, proseguire, non chiudersi nel suo immenso dolore iniziale, capire che l’amore di ciascun genitore per lui lo sta accompagnando senza riserve.

Il racconto del cucciolo di delfino viene ripreso dalle Autrici e nasce “L’estate di Peter”. Una storia più complessa, storia di coraggio e di speranza, che racconta di un ragazzino e della sua capacità di affrontare la rottura del legame tra i genitori, rottura talmente burrascosa da procurargli la sensazione di paura e di sbigottimento di chi approda su un’isola devastata dal maremoto. Le vicende di Amì e di Peter sono destinate a intrecciarsi. Il ragazzo, infatti, trascorre l’estate con il padre sull’isola devastata, intorno c’è il mare dove vive il giovane delfino. Un forte legame nasce tra loro, come succede tra i pari: Amì e Peter hanno “le stesse domande, le stesse paure, gli stessi sogni”. Amì ritorna in questa storia per ascoltare Peter e per fargli coraggio; quando viene il momento del commiato Peter sa che il giovane delfino gli resterà nel cuore, anche se il ragazzo si dirà ad un certo punto: “Forse l’ho solo immaginato, l’ho solo sognato”.

Entrambi i libri si chiudono con una guida che porta queste parole: “Cari genitori, cari nonni, cari zii e persone importanti: desideriamo dedicare questo spazio solo a voi, nonostante i veri destinatari del racconto siano i figli di genitori separati […] , poiché si tratta di storie pensate e scritte affinché gli adulti le leggano ai bambini”.  L’invito è di leggere il racconto prima, e successivamente farlo insieme ai bambini. Raccomandazione preziosissima che va seguita. Perché non sono libri facili, tutt’altro. Non sono facili per le emozioni che riportano alla superficie ma anche per i contenuti simbolici che le Autrici hanno scelto di proporre ad ampliamento della comprensione degli eventi. Leggere preventivamente, inoltre, affina la capacità di comprendere le reazioni di chi ascolterà la storia. Ogni fiaba, ogni storia, infatti, ha il potere di adombrare e di svelare: chi ne fa lettura a un bambino deve essere pronto a cogliere il momento in cui le parole vanno a nascondersi nel profondo del cuore e i momenti in cui diventano tracce luminose capaci di orientare. “Lettura ad alta voce” dunque, ponte gettato tra chi legge e chi ascolta con lo scopo di incoraggiare adulti e bambini a trovare, insieme, le parole “per dire”.

*Psicologa, formatrice, redattrice di Prospettive Sociali e Sanitarie

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